È proibito dall’islam”: così l’autista musulmano di un’ambulanza ha giustificato il suo rifiuto a trasportare la salma di una donna cristiana assira dall’ospedale alla chiesa, per il funerale. Il fatto è successo nel Kurdistan e mostra che la crescente polarizzazione etnico-religiosa delle tensioni in Iraq sta intaccando anche la vita quotidiana.
Una donna della comunità cristiana assira, morta lo scorso 21 luglio all’ospedale Zarkari di Arbil, doveva essere trasportata in chiesa, nella città di Ankawa. Ma l’autista dell’ambulanza, un musulmano curdo, si è rifiutato di trasportare la salma della donna perché il gesto è “haram” (proibito) dall’islam.
Marivan Naqshbandi, portavoce del ministero degli affari religiosi del Kurdistan, ha domandato che venga aperta un’inchiesta sul caso e ha dichiarato che “il Comitato per la promozione della coesistenza religiosa, formato di recente nella regione, dovrebbe seguire il caso per assicurarsi che ogni dipendente pubblico esegua i suoi compiti in modo professionale e imparziale, non sulle basi della propria appartenenza religiosa”.
Insicurezza e violenze crescono nel Paese, soprattutto dopo la partenza delle truppe internazionali e Usa nel 2011. Da aprile a giugno sono state uccise nelle violenze almeno 2500 persone. Molti attacchi sono riconducibili al conflitto fra sunniti e sciiti.
Lo scorso 21 luglio gruppi armati hanno assaltato due prigioni di Baghdad, Abu Ghraib e Taji, liberando circa 500 prigionieri, molti dei quali sono membri di Al Qaeda, già condannati a morte. La situazione è tornata alla normalità dopo molte ore di combattimento, in cui almeno 20 poliziotti sono morti. All’inizio le autorità irakene hanno negato che i prigionieri fossero fuggiti. Poi hanno ammesso che “alcuni” erano scappati.