Negli ultimi anni vi è stato un continuo aumento delle violazioni commesse sia da attori governativi che non governativi contro individui e gruppi sociali attuati sulla base della loro appartenenza religiosa o della loro fede.
È questo il quadro tracciato dal Rapporto 2013 sulla situazione della libertà di religione o fede nel mondo, un dossier preparato dal Gruppo di lavoro sul tema del Parlamento europeo, guidato dagli europarlamentari olandesi Dennis de Jong e Peter Van Dalen. Si tratta di un gruppo creato sulla scorta della decisione del Consiglio Ue, del 2013, di varare delle linee guida per la tutela del diritto alla libertà di religione nel mondo.
Il rapporto è stato presentato ieri a Bruxelles nel corso di una conferenza cui hanno partecipato anche rappresentanti della Commissione Usa sulla libertà internazionale di religione e rappresentanti della Piattaforma europea sull’intolleranza e la discriminazione religiosa.
Secondo il rapporto sono 25 i Paesi di «particolare preoccupazione», 15 dei quali sono segnalati addirittura come «gravi violatori» della libertà di religione e fede (Cina, Egitto, Eritrea, India, Iran, Iraq, Corea del Nord, Libia, Mali, Nigeria, Pakistan, Arabia Saudita, Siria, Tunisia e Uzbekistan).
Per i cristiani, in particolare, «la Corea del Nord rimane il Paese più difficile al mondo»: tra 50mila e 70mila cristiani sono detenuti in «spaventosi campi di prigionia». Anche in Eritrea, che pure riconosce cattolicesimo e ortodossia come fedi ufficiali, risultano detenuti tra i 2mila e i 3mila cristiani.
Altro Paese che vive una situazione a dir poco drammatica è la Nigeria, dove tra il novembre 2011 e l’ottobre 2012 si sono avuti ben 791 dei 1.201 assassinii di cristiani registrati in tutto il mondo.
Accanto alla prigionia, si sono registrate nel mondo altre gravi forme di violenze per motivi religiosi, come ad esempio il divieto di cambiare religione che è tuttora in vigore in 39 Paesi. In questo tipo di violazione della libertà primeggia l’India, al cui interno ci sono vari Stati federali in cui è espressamente vietato abbandonare l’induismo. Delicato anche il cambio di religione in vari Paesi islamici, come la Giordania ma soprattutto l’Egitto. Quest’ultimo Paese è segnalato nel rapporto anche per il quasi costante rifiuto di concedere l’autorizzazione alla costruzione di nuove chiese ai cristiani copti, mentre in Iran dal 2010 si contano ben 300 arresti tra musulmani convertitisi al cristianesimo.
Un caso estremo per le persecuzioni religiose è l’Arabia Saudita, che presenta delle pesanti discriminazione per i cittadini o i residenti non-musulmani. Sulla scorta di queste informazioni il Gruppo di lavoro ha fortemente raccomandato all’Unione europea di dare alla questione della libertà religiosa un ruolo cruciale nel stabilire rapporti e nello stringere negoziati con i Paesi terzi.