Trent’anni fa l’esercito della Repubblica Popolare Cinese soffocava nel sangue la protesta studentesca e operaia di Tienanmen. Il regime cinese vacillò, ma non cedette. Anzi parve rafforzarsi da quell’esperienza di sangue, di cui non si conosce ancora il numero di vittime. Cosa è cambiato da allora ad oggi, in Cina? Ben poco. E molto è peggiorato, in termini di persecuzione religiosa, trapianti forzati di organi, pianificazione delle nascite e controllo totale sui cittadini. Ne è convinto Steven Mosher, antropologo statunitense, presidente del Population Research Institute il primo che poté condurre ricerche sul campo in Cina dal 1979.
Trent’anni fa l’esercito della Repubblica Popolare Cinese soffocava nel sangue la protesta studentesca e operaia di Tienanmen. Tutto il mondo comunista stava crollando. Di lì a cinque mesi sarebbe caduto il muro di Berlino. Il regime cinese vacillò, ma non cedette. Anzi parve rafforzarsi da quell’esperienza di sangue, di cui non si conosce ancora il numero di vittime. Cosa è cambiato da allora ad oggi, in Cina?
La Nuova Bussola Quotidiana ne ha parlato con Steven Mosher, antropologo statunitense, presidente del Population Research Institute il primo che poté condurre ricerche sul campo in Cina dal 1979. Poté sentire i resoconti delle atrocità di Mao e documentò in prima persona quelle del suo successore Deng Xiaoping, fra cui le politiche per il figlio unico che obbligavano le madri all’aborto del secondogenito. È autore di numerosi studi sulla Cina comunista, l’ultimo dei quali è The Bully of Asia, sulla politica espansionista cinese, che individua come la più grave minaccia alla stabilità mondiale.
Professor Mosher, a 30 anni dal massacro di Tienanmen, il Partito Comunista Cinese non riconosce la sua stessa esistenza. È stato rimosso effettivamente dalla memoria dei cinesi?
Per sette settimane, nella primavera del 1989, il popolo cinese sostenne una sfida spettacolare contro il Partito Comunista e il suo anziano leader, Deng Xiaoping. Alla fine di maggio, più di un milione di persone stava scendendo in piazza e nelle strade di Pechino per protestare contro la corruzione, la burocrazia e la dittatura. Deng non esitò. Si sarebbe potuto pensare che l’esperienza della Rivoluzione Culturale avrebbe ammorbidito quel “pirata del capitalismo”. Non solo era stato imprigionato e torturato lui stesso dalle Guardie Rosse, ma anche i suoi familiari avevano subito la stessa sorte: suo figlio Deng Pufang era stato gettato dalla finestra, dal terzo piano, dai suoi aguzzini. Ma neppure queste esperienze erano state sufficienti per levargli l’idea che il Partito deve governare col pugno di ferro. Rispose alla protesta di Tienanmen, pacifica e nonviolenta, con forza letale, ordinando ai suoi generali di porre fine alle dimostrazioni anche se ciò avesse comportato, come disse, “lo spargimento di un po’ di sangue”. Nella notte fra il 3 e il 4 giugno, mentre l’Occidente osservava con orrore, l’Esercito di Liberazione Popolare aprì il fuoco, sui manifestanti disarmati, con le mitragliatrici, poi li travolse coi cingoli dei carri armati e dei veicoli trasporto-truppe. Entro l’alba, la dittatura del proletariato era di nuovo fermamente in sella. Nonostante gli sforzi del Partito Comunista Cinese di cancellare il massacro di Tienanmen dalla memoria collettiva del popolo cinese, esso vive. Prima di tutto perché il numero delle vittime fu molto più alto di quel che il Partito è solito ammettere. Contrariamente alla verità del Partito, secondo cui nessuno è morto a Tienanmen, sappiamo che a Pechino sono morti a migliaia e anche altre manifestazioni in altre città furono represse con la forza. Quelle proteste furono il momento di maggior slancio della causa democratica in Cina, probabilmente per molti anni a venire.
Infatti da 30 anni a questa parte non abbiamo assistito ad altre rivoluzioni, né ad altri movimenti democratici. Il regime ha realmente raggiunto la sua stabilità politica e c’è vera lealtà popolare, o il malcontento persiste?
Per la leadership di Deng, l’uccisione di migliaia di dimostranti non fu un incidente di percorso. L’élite al potere fece esattamente quello che voleva, uccidendo a sangue freddo: rinnovare la sottomissione del popolo cinese al suo potere e conservare il suo monopolio. Quando il Segretario di Stato James A. Baker III, incontrandosi con l’allora premier Li Peng, definì Tienanmen come “una tragedia”, Li non condivise. “L’azione in Piazza Tienanmen fu una buona cosa”, rispose. “Non la consideriamo una tragedia”. Nel 1989, il Partito Comunista Cinese stava optando per una linea decisamente diversa da quella degli altri partiti comunisti nell’Europa orientale e in Unione Sovietica. Al posto della violenza, gli altri regimi volevano condividere, o infine cedere, il loro potere. I vertici cinesi no. Il Partito continua a dominare in Cina, non perché sia amato, ma perché è temuto.
Uno dei crimini peggiori del Partito nei confronti del suo popolo fu la raccolta di organi umani dai prigionieri condannati a morte. Ufficialmente questo traffico è stato proibito. La pratica è realmente terminata?
Nonostante la Cina dichiari il contrario, il suo traffico di organi umani sta attraversando un periodo di boom. Di recente la Cina si è impegnata molto per nascondere questi crimini al controllo internazionale. Nel gennaio del 2015 il governo annunciò che avrebbe usato solo organi di donatori civili volontari e che l’uso di organi dei prigionieri giustiziati sarebbe stato vietato. Quale prova, portò una statistica, ovviamente finta, che mostrava una condizione ideale, un aumento esponenziale di donazioni volontarie di organi. Ma la prova regina che la mattanza dei “donatori” continua, è nei tempi di attesa. In altri Paesi, i malati possono attendere per anni prima che un organo sia disponibile. Il tempo di attesa nel Regno Unito è di tre anni. quello in Canada, il doppio. Solo in Cina, i “turisti dei trapianti” ricevono reni, cuori e fegati entro poche settimane o giorni dal loro arrivo. In certi casi i pazienti hanno riferito che l’operazione di trapianto era stata programmata anche prima del loro arrivo in Cina, un qualcosa che è possibile solo in caso di trapianto forzato di organi. Il mondo sta iniziando a rendersi conto del fatto che ogni trapianto in Cina costa la vita di un innocente. È per questo che Paesi come Israele, Spagna, Italia e Taiwan hanno già vietato il turismo dei trapianti. E questo divieto funziona. Dopo che la legislazione passò in Israele nel 2008, per esempio, il numero di persone che viaggiava in Cina per trapianti di organi quasi si azzerò. I popoli primitivi praticavano i sacrifici umani per ingraziarsi gli dei. Il regime comunista cinese, ufficialmente ateo, ha ripristinato la pratica per ragioni molto diverse: spazzar via minoranze riottose, ricavandone anche profitti. La fabbrica degli organi umani è letteralmente un omicidio per procura e potrebbe rivelarsi un genocidio.
La Cina ha anche ufficialmente rilassato le regole della politica del figlio unico. Sarà vero?
Ero in Cina, nel 1980, quando la politica del figlio unico iniziava: era la più brutale campagna scatenata da un governo contro le donne. In base a questa politica, era illegale rimanere incinta senza il benestare del regime. Le autorità passarono al setaccio tutto il Paese, in cerca di trasgressori. Milioni di giovani donne furono arrestate e costrette ad abortire. Quasi quattro decenni e 400 milioni di aborti dopo, il presidente cinese Xi Jinping ha deciso improvvisamente di cambiare rotta. Ha deciso di volere più bambini, non meno. Perché questo voltafaccia? Perché si era scoperto che eliminando forzatamente centinaia di milioni di persone dalla popolazione non era una buona idea, tutto sommato. La popolazione cinese sta attualmente invecchiando più rapidamente di qualunque altra popolazione al mondo. E dal momento che, quando i lavoratori vanno in pensione, nessuno li rimpiazza, la sua forza lavoro si riduce di anno in anno. Probabilmente, ed è questo che preoccupa di più Xi, il suo “sogno cinese” di egemonia mondiale viene minacciato, non solo dai dazi di Trump. Il declino demografico del suo paese sta lentamente strangolando le prospettive economiche. Per aumentare il tasso di natalità, il Comitato Centrale del Partito ha deciso di “implementare una politica in cui ogni coppia possa dare la luce a due figli”. In parole povere, la nuova politica prevede che ogni coppia in Cina debba avere due figli, che lo voglia o no. Alcuni media occidentali hanno inizialmente visto con favore questo “rilassamento” della politica del figlio unico, pensando che la politica dei due figli fosse su basi volontarie. In realtà è solo un’altra espressione della mania del Partito Comunista di imporre il controllo statale su tutto, anche sulla riproduzione. Dopo aver costretto le donne a partorire non più di un figlio, il regime di Xi si sta imbarcando in un piano altrettanto draconiano per costringerle ad averne non meno di due. Ancora una volta, le giovani cinesi pagheranno il grosso del costo della pianificazione delle nascite. Le gravidanze forzate sono dietro l’angolo.
Nonostante l’accordo provvisorio fra Pechino e la Santa Sede, sono molte le notizie sulle persecuzioni subite dalla Chiesa clandestina (quella fedele al Papa). La persecuzione dei cristiani aumenta o sta diminuendo?
Per ora è evidente a tutti, presumibilmente anche ai diplomatici del Vaticano, che le cose stanno ulteriormente peggiorando per i cattolici in Cina. L’accordo segreto fra Cina e Vaticano, che si pensava potesse proteggere i cattolici cinesi, ha prodotto l’effetto contrario. È usato in modo perverso dalle autorità comuniste per schiacciare le comunità cattoliche clandestine, mentre il Vaticano resta in silenzio. Le autorità del Partito dicono ai vescovi, ai preti e ai laici clandestini che l’accordo prevede, non solo la loro registrazione formale presso il governo, ma anche l’obbligo di iscrizione all’Associazione Patriottica Cattolica. Quasi tutti rifiutano, perché sanno che l’Associazione Patriottica non è in comunione con Roma. Il comunismo è sempre stato un’ideologia totalitaria che cerca di stabilire il controllo non solo sulle azioni e le parole, ma anche sul pensiero. Quelli che rifiutano la sottomissione, sono nemici della rivoluzione, controrivoluzionari, che devono essere identificati e distrutti. Questo è un sistema politico che si alimenta con la distruzione di una serie interminabile di “nemici”, reali e immaginari. I cattolici e altri credenti sono ora nel mirino. Dopo tutto, quale miglior bersaglio della religione per un regime ufficialmente ateo? E fra i fedeli, chi può essere più sospetto dei cattolici cinesi, il cui vero quartier generale è all’estero? La separazione dei cattolici cinesi dalla Chiesa universale è solo all’inizio, temo. La cosiddetta “sinicizzazione” può essere solo il preludio di una persecuzione più grave, se non dell’annientamento.
Cosa sta succedendo realmente nello Xinjiang? Il ministro della Difesa Wei Fenghe afferma che sia in corso un programma di formazione professionale e che il tenore di vita dei locali sia migliorato. È vero o è un’altra persecuzione delle minoranze etniche e religiose, degli uiguri musulmani?
È un’ondata di persecuzioni iniziata a febbraio, quando è stato introdotto un nuovo, duro, regolamento per gli affari religiosi. È stato applicato con crescente intensità da allora, distruggendo o sfigurando chiese e moschee. I musulmani cinesi sono, in particolar modo, sotto pressione, specialmente le minoranze turcofone nell’estremo Occidente. Nell’ultimo anno, più di un milione di uiguri e kazaki, su una popolazione di appena 10 milioni, sono stati deportati in campi di rieducazione. A loro viene imposto di parlare solo in cinese, costretti a mangiare carne di maiale e di bere alcolici, viene insegnato loro che tutte le religioni sono niente più che superstizioni. Credo che questo sia uno sforzo deliberato, non solo volto a eliminare l’islam in Cina, ma anche a trasformare minoranze riottose in “buoni” cinesi. È una forma di genocidio culturale.
Pechino sta istituendo, in modo ancora sperimentale, un sistema di “crediti sociali”. Cosa significa?
Il sistema dei “crediti sociali” è un modo per controllare il comportamento quotidiano di 1,4 miliardi di cinesi. Un punteggio basso implica il divieto di viaggiare all’estero e obbliga a viaggiare su treni più lenti all’interno della Cina. Un punteggio basso ti esclude anche dai lavori retribuiti meglio, ti rende impossibile l’affitto di una casa o di un’auto, o anche solo la prenotazione di una stanza d’albergo. Il governo vieta anche ai tuoi figli di frequentare scuole private, pubblica il tuo profilo in una lista nera visibile a tutti e persino rallenta la tua connessione Internet. Ci sono anche dei primi rapporti su persone che, avendo un punteggio troppo basso, sono arrestate preventivamente e inviate in un campo di rieducazione. Non perché hanno commesso un crimine, ma perché potrebbero farlo in futuro. Il governo dichiara che lo scopo del nuovo sistema, che dovrebbe entrare in vigore in tutto il Paese dal 2020, è quello di promuovere la stabilità sociale e la fiducia reciproca, creando una “cultura della sincerità” e “restaurando la fiducia sociale”. Ciò che ha creato realmente, ovviamente, è una cultura del terrore e una nazione di delatori. Perché uno dei modi con cui una persona può aumentare i suoi crediti sociali è proprio quello di denunciare i presunti cattivi comportamenti degli altri. Si può guadagnare punti, ad esempio, denunciando quelli che violano le nuove regole restrittive sulla pratica religiosa, come i cristiani che si incontrano illegalmente a pregare in case private, o gli uiguri e i kazaki trovati a pregare in pubblico, a digiunare nel corso del Ramadan, o semplicemente quelli che si fanno crescere la barba. Quanti del milione o tre milioni di musulmani internati nei campi di rieducazione sono stati deportati a causa di informatori zelanti intenti ad aumentare i loro crediti sociali, a spese altrui? Naturalmente, man mano che lo Stato si avvicina al suo obiettivo di monitorare i suoi cittadini, 24 ore al giorno, 7 giorni su 7, la società stessa diventa una prigione.