Il Pew Research Center ha appena pubblicato il suo decimo rapporto annuale sulle restrizioni alla libertà di religione nel mondo che riguarda i cambiamenti verificatisi nel corso non dell’anno trascorso, ma di un decennio, dal 2007 al 2017. Sia le limitazioni governative – leggi, politiche e interventi di funzionari statali che limitano la libertà di religione – sia le manifestazioni sociali di ostilità – violenze e persecuzioni da parte di privati cittadini, organizzazioni e gruppi – sono notevolmente aumentate. Si registra un aumento in tutto il pianeta dell’intolleranza, nei rapporti sociali, e della pretesa da parte dei governi di dirigere la vita dei cittadini.
Il Pew Research Center, il think tank statunitense che dal 2004 svolge ricerche e sondaggi su questioni e problemi sociali, ha appena pubblicato il suo decimo rapporto annuale sulle restrizioni alla libertà di religione nel mondo. A differenza degli anni precedenti, il rapporto 2019 riguarda i cambiamenti verificatisi nel corso non dell’anno trascorso, ma di un decennio, dal 2007 al 2017. Inoltre i due grandi tipi di restrizione considerati, le limitazioni governative e l’ostilità sociale, quest’anno sono state divise in quattro sottocategorie allo scopo di fornire un quadro più preciso degli specifici tipi di restrizioni religiose imposte e dei cambiamenti che si verificano nel tempo.
In sintesi ecco i risultati della ricerca, ma con una avvertenza. Il rapporto, mirando a quantificare le restrizioni religiose, presenta il limite di offrire a chi lo consulta un quadro generale privo di sfumature e prospettiva. Contare e documentare gli episodi è importante, anzi necessario. Ma in Gran Bretagna il divieto a Scientology di celebrare matrimoni o in Germania la sentenza di un tribunale che ha condannato come violenza la circoncisione per motivi religiosi sono altra cosa che le intimidazioni ai cristiani in India, accusati di conversioni forzate, o le estreme limitazioni imposte ai fedeli in Cina o in Corea del Nord. Dalla consultazione del rapporto tuttavia si ricava – e questo lo rende utile – la prova di una tendenza costante, pur con diverse modalità di espressione: un aumento in tutto il pianeta dell’intolleranza, nei rapporti sociali, e della pretesa da parte dei governi di dirigere la vita dei cittadini, imponendo un crescente onere di obblighi e proibizioni.
Nel decennio che va dal 2007 al 2017 infatti sia le limitazioni governative – leggi, politiche e interventi di funzionari statali che limitano la libertà di religione – sia le manifestazioni sociali di ostilità – violenze e persecuzioni da parte di privati cittadini, organizzazioni e gruppi – sono notevolmente aumentate.
Sul fronte delle restrizioni governative, i governi che secondo i dati più recenti impongono livelli di restrizione religiosa classificati “elevati” o “molto elevati” sono 52, tra cui quelli di alcuni paesi molto popolosi come la Cina, l’Indonesia e la Russia, mentre nel 2007 erano 40. In generale si sono sensibilmente aggravate tutte e quattro le categorie in cui le restrizioni governative vengono suddivise: favoritismi a gruppi religiosi, leggi e politiche che limitano la libertà di religione, persecuzione di gruppi religiosi, limiti alle attività e alle pratiche religiose. Le forme di restrizione più frequenti sono state le prime due ed entrambe sono aumentate in tutte le aree geografiche considerate: Americhe, Asia-Pacifico, Europa, Medio Oriente-Nord Africa e Africa sub sahariana. I livelli medi in entrambe le categorie sono aumentati di oltre il 20% tra il 2007 e il 2017.
In Medio Oriente, ad esempio, 19 paesi su 20 i governi favoriscono una religione, quella islamica. Peraltro il livello di favoritismo non è aumentato molto per la semplice ragione che era già molto elevato. Alcuni degli incrementi maggiori si sono avuti in Africa subsahariana e in Asia-Pacifico. Ad esempio, nel 2009 le Isole Comore hanno approvato un referendum costituzionale che ha proclamato l’Islam religione di stato; e in Thailandia nel 2017 la nuova costituzione ha elevato lo status del Buddismo Theavada concedendogli speciale protezione.
La maggior parte dei paesi con più elevati tassi di favoritismo – precisa il rapporto – sono islamici, e in 27 dei 43 stati con una religione di stato, quella religione è l’Islam.
Il Medio Oriente presenta anche i più alti livelli di leggi e politiche governative che limitano la libertà di religione, dalla mancanza di norme costituzionali in difesa della libertà di religione all’obbligo di registrazione per i gruppi religiosi. Ma, di nuovo, è in Africa subsahariana e in Asia-Pacifico che si sono registrati i casi più gravi, con Cina e Arabia Saudita in testa.
Le altre due categorie – i limiti alle attività religiose e la persecuzione di gruppi religiosi – sono aumentate meno, ma in certi casi l’aumento è stato intenso. Ad esempio, in Europa sono raddoppiate e nel Medio Oriente-Africa del Nord l’incremento è stato del 72%.
Anche le manifestazioni di ostilità sociale sono aumentate, benché non in maniera altrettanto consistente. Dal 2007 al 2017 il numero di paesi che presentano elevati livelli di ostilità sociale dovuti alla religione sono passati da 39 a 56. A moltiplicarsi maggiormente sono state le ostilità legate a norme religiose (ad esempio, contro le donne che violano le regole religiose in fatto di abbigliamento), seguite dalle persecuzioni da parte di privati individui e gruppi sociali e dalla violenza da parte di gruppi organizzati. Invece la quarta categoria dell’ostilità sociale, le tensioni e le violenze tra gruppi religiosi, è diminuita nettamente. Nel 2007 erano 91 i paesi in cui si registravano scontri dovuti a tensioni tra gruppi religiosi. Il numero nel 2017 è sceso a 57.
L’ostilità sociale causata da norme religiose è aumentata nelle Americhe, in Africa sahariana e soprattutto in Europa – riferisce il rapporto – mentre è rimasta quasi stabile o è cresciuta di poco in paesi come ad esempio l’Afghanistan e in tutto il Medio Oriente-Africa del Nord, dove, come nel caso delle limitazioni governative, era già molto alta. La seconda e la terza categoria – persecuzioni da parte di individui e gruppi sociali e violenza religiosa da parte di gruppi organizzati – che include discriminazioni, danni a proprietà, rapimenti, attacchi e attentati a membri di gruppi religiosi, è presente in tempi diversi in molti stati nel periodo considerato: dalla Siria al Bangladesh, dalla Repubblica Centrafricana alla Nigeria. I gruppi terroristici sono aumentati dapprima in Medio Oriente e Africa del Nord e poi, con rapidità e intensità allarmanti, nel resto del continente africano e anche in Europa dove i paesi coinvolti sono passati da 21 a 33.
Per finire, il rapporto prende in considerazione le tensioni e le violenze tra gruppi religiosi, l’unico fattore critico che secondo il Pew Resarch Center è diminuito nel 2017 rispetto al 2007, salvo che nell’Africa subsahariana. Tuttavia nel 2017 più di metà dei paesi dell’Africa subsahariana e della regione Asia-Pacifico e otto paesi su 10 in Medio Oriente e Africa del Nord hanno registrato episodi di tensione tra gruppi religiosi.