Il nuovo rapporto di Aiuto alla Chiesa che soffre monitora la situazione della persecuzione tra il 2017 e il 2019: preoccupano sopratutto Africa e Asia, dove c’è «una vera caccia ai cristiani».
I cristiani sono il gruppo religioso maggiormente perseguitato e l’asse del fondamentalismo islamista si è ormai spostato dal Medio Oriente all’Africa e all’Asia meridionale ed orientale. È quanto emerge dal nuovo studio sulla persecuzione anticristiana della Fondazione pontificia Aiuto alla Chiesa che soffre. Perseguitati più che mai. Focus sulla persecuzione anticristiana tra il 2017 e il 2019 è stato presentato stamattina a Roma nella Basilica di San Bartolomeo all’Isola ed esamina gli sviluppi più significativi nei 20 paesi che destano maggiore preoccupazione a causa delle violazioni dei diritti umani subite dai cristiani, dal luglio 2017 ad oggi.
«Questo rapporto che abbiamo tra le mani e che viene presentato oggi, insieme a quello sulla libertà religiosa, è uno strumento prezioso», ha affermato il cardinale Leonardo Sandri, prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, lodando il «cammino decennale di Aiuto alla Chiesa che soffre che abbatte i confini delle nazioni – penso a quanto è diffusa nel mondo – e delle confessioni cristiane, aiutando indistintamente cattolici e non, e che unisce la dimensione della conoscenza, della sensibilizzazione e talora della giusta pubblica denuncia, a un cammino di carità operosa che risana, costruisce, progetta, aiuta insomma a far rifiorire».
Acs denuncia come siano quasi 300 milioni i cristiani che vivono in terre di persecuzione. Nel periodo in esame, la situazione è tutt’altro che migliorata e la lista dei paesi in cui i cristiani soffrono si arricchisce di nazioni quali Camerun, Burkina Faso e Sri Lanka. Gli ultimi due rappresentano per il direttore di Acs, Alessandro Monteduro, gli esempi più drammatici di questo mutato scenario della persecuzione anticristiana che trova nuove forme e nuove territori anche in virtù dell’inadeguatezza delle strategie finora messe in campo.
«Il focus Acs dimostra purtroppo che la sola risposta militare non è sufficiente – ha affermato Monteduro – Dal 2017 infatti, dalla sconfitta di Isis nel nord dell’Iraq e in gran parte della Siria, abbiamo assistito alla migrazione del terrorismo in altre aree del mondo, innanzitutto in Africa e in Asia meridionale e orientale. I 20 paesi che Aiuto alla Chiesa che soffre evidenzia come territori nei quali le minoranze cristiane soffrono la persecuzione ospitano 4 miliardi di persone. Dunque la difesa della libertà religiosa dovrebbe essere come non mai prioritaria nell’agenda delle grandi potenze nazionali e delle Istituzioni sovranazionali. Così ancora oggi non è!».
Anche le migliorate relazioni diplomatiche tra i capi delle nazioni occidentali e i loro omologhi di regimi come quelli della Corea del Nord o della Cina non devono far pensare a miglioramenti delle condizioni dei cristiani in tali aree, come notato nel suo intervento da Alfredo Mantovano, presidente di Acs-Italia. «Non dobbiamo illuderci che all’eventuale riduzione delle reciproche dotazioni di armamenti, o ai trattati di cooperazione economica corrisponda, all’interno dei confini, un allentamento della persecuzione religiosa. La “via della seta” sarà pure percorsa con più facilità dalle merci e dal denaro, ma mentre Paesi come l’Italia sottoscrivono i relativi accordi, nel sub-continente cinese vi è una ulteriore stretta per le manifestazioni della fede in pubblico (talora anche in privato), che non siano controllate dalle strutture del Partito».
È in Asia meridionale e orientale che nel periodo in esame si sono verificati gli attacchi anticristiani più eclatanti, in primis quelli avvenuti in Sri Lanka nel giorno di Pasqua che sono costati la vita a 258 persone. Durante la presentazione, il rettore del santuario di Sant’Antonio a Colombo, don K.A. Jude Raj Fernando, ha raccontato i tragici momenti in cui la sua chiesa è stata attaccata. «Non potevo credere ai miei stessi occhi – ha riferito – Ho visto i miei fedeli morti, sanguinanti e mi sono chiesto “Dio mio perché?”. Ma nonostante la grave ferita infertaci, restiamo saldi nella nostra fede che ci consente di perdonare i nostri persecutori. Perdoniamo ma continuiamo a chiedere giustizia per le nostre vittime. È per questo che preghiamo ogni giorno».
La ricerca Acs denuncia al tempo stesso la drammatica situazione in Africa, dove negli ultimi anni sempre più formazioni jihadiste hanno colpito i cristiani in sempre più paesi. Nell’ambito delle violenze anticristiane è alto il prezzo pagato da sacerdoti e religiosi. Infatti, dei 18 sacerdoti e una suora uccisi nel mondo nel 2019, ben 15 sono stati assassinati in Africa, di cui 3 in Burkina Faso. In quest’ultima nazione, ha testimoniato il sacerdote burkinabé don Roger Kologo, «è in atto una vera e propria caccia ai cristiani, i quali vengono colpiti durante processioni ed espressioni della loro fede e perfino raggiunti nelle loro case e giustiziati. Dall’inizio dell’anno sono più di sessanta i fedeli uccisi».
Il sacerdote ha riassunto la tragica escalation di attacchi anticristiani iniziata proprio dalla sua diocesi, quella di Dori, lo scorso Venerdì Santo e parlato del suo amico don Joel Yougbare, rapito lo scorso 17 marzo. «La sera prima del sequestro abbiamo cenato insieme. Mi aveva detto che sarebbe andato a visitare una comunità in un’area remota. Sapeva che era rischioso, i jihadisti lo tenevano d’occhio e più volte l’avevano seguito, ma lui non voleva abbandonare i suoi fedeli. È un uomo di grande coraggio e noi continuiamo a pregare il Signore affinché possiamo ritrovarlo in vita».