Arrestato a dicembre, a causa della sua conversione al Cristianesimo, insieme ad altri due prigionieri cristiani ha richiesto la scarcerazione anticipata. L’istanza è stata accolta. Così, Ashgar ha scontato solo due dei sei mesi previsti dalla condanna.
Secondo la lista redatta da Porte Aperte, l’Iran è il nono Paese su cinquanta con il tasso più alto di persecuzione verso i cristiani.
In questi anni, il regime ha arrestato, torturato e imprigionato i convertiti al cristianesimo e ha severamente limitato i diritti delle minoranze cristiane riconosciute, come assiri e armeni. Questa settimana, Dabrina Bet Tamraz, figlia di un pastore assiro attualmente in carcere per aver condotto chiese domestiche, ha parlato durante una tavola rotonda, soffermandosi sull’importanza della libertà religiosa, e ha raccontato la sua infanzia e adolescenza in Iran.
«Eravamo continuamente controllati – ha raccontato Dabrina -, la nostra casa è stata derubata. Mio padre veniva regolarmente arrestato e interrogato. A volte, questo succedeva poco prima dell’inizio del servizio domenicale. Dovevamo sempre essere pronti a predicare nel caso in cui mio padre fosse arrestato».
«Nel 2009 – ha continuato Dabrina – la chiesa pentecostale di famiglia che si trova a Teheran è stata chiusa dal governo per non aver escluso i fedeli che non erano di lingua assira». Oggi, il padre, la madre e il fratello di Dabrina sono tutti in prigione. Lei viaggia per tutto il mondo, battendosi in prima linea per la libertà religiosa.
«Oggi – sottolinea in conclusione la donna – non c’è chiesa evangelica pentecostale libera. Le uniche chiese autorizzate ad operare, anche se con restrizioni sono le chiese ortodosse o cattoliche. Ai fedeli però non è permesso di avere libri in persiano o nella nostra lingua. E’ persino vietato parlare con un persiano vicino alla chiesa. In Iran, i cristiani di origine musulmana, per andare in chiesa rischiano l’arresto».