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Persecuzione in Iraq e Siria
Chi pensa ai cristiani iracheni e siriani?
Se ne parla poco o non se ne parla affatto. E la tendenza della gente è quella di dimenticare.

 

Ma la situazione dei cristiani iracheni e siriani continua ad essere drammatica.

 

Come puoi immaginare, a causa delle guerre e del terrorismo, il Medio Oriente ormai conta pochissimi cristiani, che pure sono una delle comunità più antiche e radicate di quell’area.

 

I pochi che restano devono far fronte a condizioni di vita sempre più difficili.

 

La onlus Porte Aperte ci ricorda che in Iraq tutte le comunità di cattolici e ortodossi

 

“sono gravemente colpite da intolleranza, discriminazione e persecuzione da parte di leader locali, autorità governative e gruppi estremisti islamici”.

 

In Siria accade lo stesso:

 

“Condividere il Vangelo è molto rischioso, e le chiese spesso sono state completamente distrutte”.

 

Ecco perché sono stati in tantissimi a lasciare le loro terre.

 

Ma non pensare che questi emigrati si trovino in condizioni migliori.

 

Basti pensare al caso della Turchia. Uno Stato membro della Nato e che ancora qualcuno vorrebbe integrare nell’Unione europea, nonostante il ritorno sempre più marcato al radicalismo islamico negli ultimi anni.

 

Stando a quanto riporta il Gatestone Institute,

 

“attualmente in Turchia vivono tra i 5.000 ei 6.000 richiedenti asilo cristiani iracheni e siriani, in attesa di essere reinsediati in Occidente”.

 

Ma come vivono?

 

Ebbene, in verità “affrontano innumerevoli problemi, tra cui la mancanza di servizi educativi per i propri figli, l’estrema povertà, la mancanza di libertà religiosa, la mancanza di permessi di lavoro, le restrizioni alla libertà di movimento, l’ostilità di alcuni musulmani contro la loro fede e il rifiuto delle loro richieste di asilo da parte dei governi occidentali”.

 

Nonostante molti dei richiedenti asilo siano professionalmente qualificati e con titoli di studio tali da permettere loro di ottenere buoni posti di lavoro, la Turchia non se ne cura.

 

Pertanto, non è infrequente che alcuni si vedano costretti a ricorrere all’accattonaggio per strada o a chiedere prestiti, finendo poi per indebitarsi.

 

Non solo. Le case in cui generalmente i cristiani iracheni e siriani si stabiliscono in Turchia sono umide, infestate di scarafaggi e senza riscaldamento. A volte capita che in uno stesso appartamento convivano due famiglie.

 

E anche l’accesso all’assistenza sanitaria è problematico.

 

Inoltre, non hanno il permesso di viaggiare liberamente: addirittura anche per spostarsi da una città all’altra devono prima ottenere un via libera dalle autorità statali.

 

Insomma, in generale il clima che si respira – e che non dipende solo dal governo ma anche dalla popolazione locale – è di profonda discriminazione verso i cristiani iracheni e siriani.

 

Eppure, dal marzo 2016 c’è un accordo tra Ue e Turchia, in base al quale quest’ultima, in cambio di finanziamenti dell’altra, si è impegnata a migliorare la situazione umanitaria dei profughi.

 

L’ Unione europea ha stanziato ben 6 miliardi per la Turchia. Come mai allora così tanti rifugiati e richiedenti asilo soffrono ancora in condizioni orribili?

 

Ma la responsabilità non ricade solo su Ankara.

 

Infatti, sebbene i profughi cristiani iracheni e siriani in Turchia subiscano vessazioni, povertà e discriminazioni, le richieste d’asilo di molti di loro vengono respinte dai governi di Australia, Canada, Stati Uniti e altri paesi occidentali.

 

Perché?

 

Ripeto, molti di questi emigranti sono istruiti e quindi sarebbero qualificati per ricevere permessi di lavoro per risiedere nei paesi occidentali.

 

Perché allora vengono rifiutati?

 

Eppure tutti in Occidente si riempiono la bocca con le parole “accoglienza”, “tolleranza”, “amore”, “libertà”… Ma sembra che quando ad aver bisogno di aiuto sono i cristiani, queste belle parole finiscano chiuse a chiave in cassetto.

 

Una situazione davvero triste. E indignante.

 

Solidarietà e preghiere per i nostri fratelli e alle nostre sorelle cristiani dell’Iraq e della Siria!
Raccogliamo più firme possibili!
I dati del Rapporto di ACS, tra gennaio 2021 e dicembre 2022, parlano chiaro. Nel mondo, in un 1 Paese su 3, il diritto alla libertà religiosa non è pienamente rispettato. Vale a dire in 61 nazioni su 196. In totale, quasi 4,9 miliardi di persone, pari al 62% della popolazione mondiale, vivono in nazioni in cui la libertà religiosa è fortemente limitata.

Firma subito la petizione alla presidente Meloni per dimostrarle che siamo in tanti ad avere a cuore il bene di tanti nostri fratelli e sorelle!
Aderisci anche tu