Dall’Africa arrivano notizie terribili.
È stata una Pasqua di sangue in Nigeria, dove il 7 aprile scorso – Venerdì Santo – almeno 32 cristiani sono stati uccisi da un gruppo di sospetti militanti Fulani (una delle etnie della regione, di religione islamica) che ha attaccato un campo per sfollati nello Stato di Benue, nella parte orientale del Paese.
Secondo quanto riporta Porte Aperte, il responsabile del campo ha riferito che “il triste incidente è avvenuto mentre la gente dormiva. I militanti sono arrivati e hanno iniziato a sparare provocando la morte di 32 persone”.
Il campo ospita quasi 30.000 sfollati interni, per lo più donne cristiane con i loro figli e anziani. Quindi le vittime dell’attentato sono state per lo più proprio donne e bambini. Ma attacchi di questo tipo si sono verificati anche in altri luoghi dello stato di Benue.
È noto, sebbene se ne parli purtroppo molto poco, che i cristiani in Nigeria da tempo soffrono una violenta persecuzione a causa dell’imposizione di un piano di islamizzazione radicale, particolarmente diffuso nel nord del Paese ma che si sta gradualmente diffondendo anche nel sud.
Porte Aperte onlus ci ricorda che “gruppi militanti come Boko Haram, ISWAP e Fulani rapiscono, feriscono, uccidono e violentano i cristiani, espropriandoli delle loro terre e dei necessari mezzi di sussistenza. Per questo molti sono costretti a vivere come sfollati interni o come rifugiati”.
Una situazione davvero triste e complicata. Eppure, i nostri fratelli nigeriani continuano eroicamente a perseverare nella fede cristiana. E rappresentano per tutti noi un grande esempio, che dà forza e coraggio.
Le brutte notizie però non finiscono qui.
Apprendo infatti che in Libia la situazione sta degenerando sempre più.
Nelle ultime settimane sono stati arrestati diversi cristiani. Gli ultimi sono stati tre stranieri, che vanno però aggiunti ad altri sette cristiani, questa volta libici, trattenuti dalla polizia dopo che in un video, pur apparendo con il volto sfocato, hanno raccontato il loro percorso di conversione dall’islam al cristianesimo.
Gli arresti sono avvenuti per mano dell’Agenzia per la Sicurezza Interna (ISA), affiliata alle Radaa, l’unità di polizia militare islamista radicale per operazioni speciali, con l’accusa di apostasia e proselitismo.
Capisci? In Libia (e non solo!) convertirsi è ancora un reato. E quindi se ti converti puoi pagare un prezzo davvero alto.
Nel Paese, stando alle informazioni fornite sempre dalla onlus Porte Aperte, “sia i cristiani locali sia quelli stranieri affrontano violenze estreme. Senza un governo centrale che mantenga l’ordine e faccia rispettare la legge, sono i gruppi militanti islamici e la criminalità organizzata a esercitare il potere, prendendo di mira, rapendo e talvolta uccidendo i cristiani.
Se un libico di origine musulmana decide di seguire Gesù, è molto probabile che questo subisca forti pressioni e abusi da parte della famiglia e della comunità in cui vive, nel tentativo di indurlo a rinunciare a tale scelta. I cristiani che vivono apertamente la propria fede e cercano di condividere il Vangelo con gli altri, poi, rischiano l’arresto o la punizione da parte dei gruppi estremisti”.