Il regime stalinista della Corea del Nord ha arrestato decine di cittadini di Pyongyang, accusati di aver aiutato un missionario cristiano sudcoreano nelle sue presunte “attività di spionaggio” sul territorio nazionale. Gli arrestati sarebbero stati internati in un campo di lavoro per prigionieri politici e ora rischiano la fucilazione. Lo dicono alcune fonti locali – anonime per motivi di sicurezza – a Radio Free Asia.
Kim Jeong-wook, di confessione battista, è stato arrestato nell’ottobre del 2013 dalle autorità nordcoreane. Dopo l’arresto il missionario è scomparso per quattro mesi ed è riapparso per la prima volta il 27 febbraio 2014 durante una conferenza stampa (v. foto) organizzata dal regime. Secondo il regime egli è colpevole di “spionaggio con la complicità dei Servizi segreti di Seoul” e di “diffusione illegale di materiale religioso” fra cui Bibbie e testi cristiani.
Durante la quotidiana messa in Santa Marta, il Papa ha ricordato ieri che “nel mondo ci sono cristiani che vengono puniti solo perché hanno una Bibbia”
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e ha sottolineato che “ci sono più martiri oggi per la fede che nei primi tempi della Chiesa”.
Nel corso della conferenza, Kim ha “ammesso i suoi crimini” contro Pyongyang e ha chiesto alle autorità staliniste di avere “pietà di lui”. Inoltre, egli ha rivelato i dettagli sul suo ingresso illegale nel Paese: secondo alcune fonti avrebbe anche fornito una lista di persone che lo avrebbero aiutato, e che sono state subito arrestate. Dopo la conferenza stampa il governo di Seoul ha chiesto al Nord di rilasciare il missionario, ma il giorno dopo da Pyongyang è arrivata una risposta negativa.
Lee Seok-yeong, direttore di Free North Korea Radio (emittente con base a Seoul in cui lavorano alcuni esuli dal Nord), spiega che la punizione per questi presunti complici sarà terribile: “Chi lo ha aiutato sarà con ogni probabilità fucilato da un plotone speciale. Se le cose dovessero andare proprio bene, saranno rinchiusi in un campo di lavoro per prigionieri politici”.