Irruzione dei carabinieri a Soncino, toccato il punto più basso della vergogna nazionale: un agente sull’altare, il parroco lo manda via: «Sto dicendo Messa». E alla Nuova Bussola Quotidiana, don Lino Viola, spiega i dettagli di un dramma: «C’erano sei persone in più: erano famigliari di morti di Covid senza funerale: non ce l’ho fatta a mandarle via. L’irruzione della Protezione civile all’omelia, il sindaco al telefono e la cacciata». E tanta amarezza: «Mai vista in 80 anni una dissacrazione così. E al comandante ho detto: mandate in giro carabinieri che non hanno il rispetto per il sacro?». Di questo scempio del culto, Governo e Vescovi devono rendere conto.
Il video che lo ritrae commuove e dà forza: un prete anziano, don Lino Viola che si fa coraggio e caccia letteralmente il carabiniere salito sull’altare per notificargli la multa da 270 euro per inosservanza del decreto del Governo e farlo parlare col sindaco al telefono. «Io sto dicendo Messa, non adesso», ripete più volte alle forze dell’ordine davanti all’altare, proprio mentre sta iniziando la preghiera di consacrazione: «Non rispondo al sindaco, sto celebrando la Messa». L’agente si allontana e il don, sconvolto, riprende con l’Orate fratres: «Pregate fratelli e sorelle perché questo mio e vostro sacrificio…».
Dovevamo arrivare a questa umiliazione? Ma forse questo servirà a svegliare qualche vescovo che pensa ancora di risolvere tutto con le trattative col Governo. E farà vergognare qualcuno dalle parti di Palazzo Chigi, come il presidente del Consiglio perché se succedono da due mesi queste scene da Cina comunista la responsabilità politica è principalmente di Giuseppe Conte e delle forze politiche che lo sostengono, Pd, Italia Viva e Cinque Stelle che in queste settimane sulle incursioni poliziesche sono state zitte. Scene da un Paese che perseguita i cristiani di cui bisognerà farsi carico.
Però non succede in Cina, ma in provincia di Cremona. A Soncino, una delle zone a più alta intensità da Covid. È qui, nella frazione di Gallignano, chiesa di San Pietro Apostolo che don Lino Viola ha incontrato il suo destino.
Ora i giornali raccontano l’episodio con quel compiacimento folkloristico tipico delle storie da strapaese, ma il breve video diventato virale in queste ore condensa il dramma e la rinascita spirituale di un paese: l’irruzione degli agenti e una Chiesa che non si sottomette ma mette in campo i suoi uomini migliori: i preti ultraottantenni, quelli definiti anziani, ma a differenza di tanti don Chichì moderni, hanno ancora fede solida, sanno cosa succede sull’altare, e palle d’acciaio e cuore d’oro per nostro Signore.
Troviamo don Lino alle undici di sera, al termine di una giornata passata tra la caserma delle forze dell’ordine e l’ufficio del sindaco.
Don Lino, amareggiato? Molto. Guardi, in 80 anni e 55 di messa non mi era mai accaduta una cosa del genere. Lo sa che cosa mi hanno detto quando sono andato al comando?
Cosa? «Ma io non so neanche che cos’è la consacrazione?». Capisce? Allora io ho detto al maresciallo: «Ma come? Mandate nelle chiese degli agenti che non sanno neanche che cos’è una Messa».
Forse lo fanno apposta. Quelli che sanno che cos’è la Messa si ribellerebbero… Ma non lo so… io sono soltanto molto amareggiato. È dal Giovedì Santo che celebro in queste condizioni, ho celebrato a Pasqua sempre con queste persone: 7 persone in tutto: chi aiuta sull’altare, chi legge, chi canta e suona, chi fa il video.
Ma stavolta le contestano un assembramento… Assembramento? Eravamo in 13 e lo sa perché?
Perché? Perché c’erano sei persone in più – dico sei! –, famigliari di persone morte di Coronavirus per le quali si stava celebrando la Messa.
E per la legge non dovevano esserci… Ma come avrei fatto, santa pazienza, a cacciarle? C’era un parrocchiano che ha appena perso la mamma e non ha potuto neanche farle il funerale. Mi dice con che coraggio lo caccio di chiesa?
No, in effetti, non si può… E non si può no. Eravamo in 13 in tutto, ora adesso voglio scrivere al prefetto. Nel verbale c’è scritto che si è radunato il popolo. 13 persone sono un popolo? Su una chiesa di 300 metri quadri di cui sette autorizzate, tra l’altro? E tutti con guanti e mascherina, si badi bene. Abbiamo i video che lo provano.
Ci racconti cosa è accaduto. Allora, io non me la sono sentita di mandarle via. Ho iniziato la Messa, tutti a distanza. Mentre facevo l’omelia entrano due della Protezione civile con le forze dell’ordine. Urlano: «La funzione è sospesa».
E lei? Sono andato avanti senza rispondere. Poi arriva la domestica.
La domestica? La domestica, che mi porta il cordless: «E’ il sindaco», dice. E io le dico di riattaccare perché sto dicendo messa. Poi il sindaco si sarebbe scusato perché dice che non sapeva che stavo dicendo Messa. Ma vabbè.
Ma nel video si vede un carabiniere che sale sul presbiterio… Appunto, mi porge il telefono col sindaco, poi mi mostra il documento del 25 marzo del Viminale che si figuri, io avevo le mani sulle offerte. E succede quel che succede, gli dico di non interrompere la Messa, dopo un po’ di insistenza se ne va.
Roba da Cina… Mi è venuto un colpo al cuore, ma non è mica finita qui sa?
No? No. Dopo hanno fatto la “malora” (il pandemonio, ndr). Le dico solo che abbiamo finito la Messa in due. In due l’abbiamo finita. Le sembra una cosa degna? Una profanazione, un pandemonio del genere nella casa del Signore?
Che cosa ha fatto dopo la Messa? Ho telefonato al sindaco e poi sono andato in caserma. Hanno scritto che c’era presenza di molta gente, ma io voglio andare fin dal Prefetto e voglio chiedergli se 13 persone sono molta gente. Gli farò vedere il video girato dai ragazzi della parrocchia presenti.
Pagherà la multa? Se la dovrò pagare, la pagherò, ma non è questo il problema.
Qual è? La profanazione di Nostro Signore. Nessuno può dissacrare così la Messa, nessuno neanche le forze dell’ordine. E ho dovuto dire basta.
E il vescovo che dice? L’ho chiamato e gli ho detto come stavano le cose.
E lui? Mah… niente, solo mi ha detto che le porte della chiesa erano aperte. Ma io gli ho risposto che non c’è nessun decreto che imponga di chiudere le porte della chiesa. E poi – scusi – ma la chiesa non è un reparto Covid che deve stare chiuso. La chiesa è abitata non da un morto, ma da un vivo che ha vinto la morte. Cosa si credono questi qua?
L’episodio di don Lino arriva a conclusione di un’altra giornata drammatica sul fronte delle incursioni poliziesche in chiesa. Nella parrocchia dei Santi angeli custodi di Borgotrebbia gli agenti sono intervenuti in borghese mentre il prete celebrava davanti ad alcuni fedeli. In Brianza, un parroco ha ricevuto la visita di alcuni agenti al termine della Messa che gli hanno ricordato che «le chiese dovrebbero essere chiuse» e «le Messe dovrebbero essere senza nessuno». Affermazioni false entrambe.
È chiaro che il problema delle Messe è ormai diventato ingestibile. Governo e Conferenza Episcopale stanno dimostrando di non avere a cuore il problema di sacerdoti che vengono intimiditi nell’esercizio del loro ministero. Bisognerà ristabilire la legge quanto prima e consentire ai fedeli di poter andare a Messa liberamente e senza costrizioni. Ma la politica è sorda. Non solo il governo. Soltanto la Lega sembra aver a cuore la questione. «È più di un mese che veniamo lasciati senza messa, e proprio nel periodo più intenso dell’anno liturgico – ha scritto ieri il senatore leghista Simone Pillon -. Il nostro ordine del giorno in Senato è stato accolto da 10 giorni, ma il Governo ha fatto finta di niente. Ora basta. Ci sono tutti gli strumenti per garantire la sicurezza dei fedeli: il distanziamento, le mascherine, i guanti, i termoscanner, i test sierologici e quel che vi pare. Procuriamoceli e riapriamo le Messe. Sempre se ci crediamo».