Il rapporto sull’islamofobia, finanziato dall’Ue, si basa più su libere interpretazioni che su evidenze statistiche. Il documento omette per esempio ogni riferimento al dossier Osce-Odihr, che nel 2016 riportava per l’Italia 8 casi riconducibili all’odio antislamico e 32 all’odio anticattolico. Quattro volte tanto. Ma non risulta che l’Ue si sia preoccupata della cristianofobia. Perché?
Il rapporto sull’islamofobia europea, finanziato dall’Ue, sostiene che l’ostilità nei confronti dei musulmani, in Italia, sia reale. Una tesi affermata tirando in ballo libere interpretazioni anche del comportamento dei media – vengono richiamati il quotidiano La Verità, Il Giornale e Libero, rei di diffondere «articoli aggressivi» – ma senza, onestamente, inoppugnabili evidenze statistiche. Non solo. Nel descrivere la situazione italiana, il rapporto omette ogni riferimento al dossier Osce-Odihr, elaborato sulla base di un questionario che l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa annualmente invia ai Paesi membri, riguardante la raccolta dei dati sui reati generati, e all’Oscad, l’Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori.
Una lacuna grave per due ragioni. La prima risiede nell’importanza di questi dati, basati sulle segnalazioni costituenti reato: non quindi su «percezioni» individuali né su opinabili giudizi di valore sui titoli o sugli editoriali di questo o di quel quotidiano, ma su dati di fatto, oltretutto penalmente rilevanti. Un secondo motivo per cui è un peccato che il dossier Osce-Odihr non sia stato citato nelle 24 pagine dedicate all’Italia dal rapporto sull’islamofobia europea deriva dal contenuto del dossier stesso, che metteva in luce come nel 2016 nel nostro Paese vi siano stati 8 casi riconducibili all’odio antislamico. Sempre troppi, per carità.
Ma quelli relativi all’odio anticristiano, nello stesso arco temporale, risultavano essere 32. Per l’esattezza, risultavano tutti reati contro la proprietà, e quasi tutti contro la Chiesa cattolica. Ma al di là di questo, ciò che rileva è che questi casi siano stati quattro volte di più rispetto alle segnalazioni di reato animate da odio antislamico. E a chi obietta che i dati del 2016 sono superati rispetto a quelli del 2018, anno cui si riferisce il rapporto sull’islamofobia europea, è facile rispondere che proprio questo è un elemento decisivo.
Già, perché scagiona le responsabilità governative sovraniste (nel 2016 Matteo Salvini non era al Viminale e la Lega non era al governo) e perché evidenzia come, delle numerose aggressioni contro la Chiesa cattolica, nessuno, dal 2016 ad oggi, si sia preoccupato. Soprattutto, non risulta essersene preoccupata l’Ue, motivo per cui è facile immaginare che oggi, nell’indifferenza di tutti, la cristianofobia italica sia più radicata di ieri. D’accordo, ma come mai? Per quale ragione – pur essendo state quattro volte più numerose, lo si ripete, di quelle antislamiche – le segnalazioni di reato anticristiane non hanno fatto sostanzialmente notizia? Il punto vero è tutto qui. E probabilmente, riflettendo su questo fatto, si può comprendere l’enfasi che oggi viene data ad una presunta islamofobia che ammorberebbe l’Europa.
Un’enfasi volta sia a minimizzare il problema, questo sì oggettivo, del fondamentalismo islamico – guardando agli atti terroristici mondiali del periodo 2000-2014 si scopre come le quattro realtà più attive, cioè l’Isis (752 atti di terrorismo), Boko Haram (con 552), i Talebani afghani (con 444) e Al-Qaeda in Iraq (con 400), siano tutte islamiche – sia il problema, altrettanto reale, di una cristianofobia che sta mettendo radici anche in Italia. Nell’indifferenza della politica, dei media e, tocca dirlo, dello stesso mondo cattolico.
In non pochi sacerdoti e vescovi pare infatti serpeggiare, non da oggi, un singolare timore nel denunciare le aggressioni anticristiane che da decenni si verificano anzitutto sul piano culturale e mediatico. Succede così che atti blasfemi e sacrileghi non facciano più notizia e si sia qui, oggi, a commentare un’islamofobia dilagante più nelle menti degli intellettuali e studiosi progressisti che nell’evidenza dei numeri. A meno che, ovvio, pure i numeri non siano islamofobi.