Cresce il sostegno delle Chiese (cattoliche e protestanti) di tutto il mondo verso i leader cristiani in Malaysia, oggetto di attacchi e di una crescente pressione con l’approssimarsi del processo sull’uso della parola “Allah” per i non musulmani nel Paese.
L’ultimo in ordine di tempo a fornire la propria vicinanza è il Consiglio metodista mondiale (Wmc), che esprime “shock e costernazione” in merito alla sentenza dei giudici di appello nell’ottobre scorso di vietarne l’uso al settimanale cattolico Herald Malaysia.
In una lettera indirizzata alla Federazione cristiana della Malaysia il vescovo Ivan Abrahams, segretario generale Wmc, giudica il verdetto un “preoccupante” tentativo di affidare a una sola religione il possesso di una terminologia canada universale.
Il Consiglio metodista mondiale rappresenta oltre 80 milioni di fedeli, sparsi in 130 Paesi di tutto il mondo. Secondo il vescovo Abrahams il verdetto potrebbe fomentare “divisioni non richieste fra cristiani e musulmani” in Malaysia; egli invita l’esecutivo di Kuala Lumpur a non “politicizzare” un aspetto che riguarda solo la sfera religiosa e privata. I figli di Abramo, spiega, condividono la fede nello stesso Dio, per questo “rivendicare il possesso esclusivo” di un nome “è un atto fortemente divisivo”.
Le preghiere di milioni di fedeli della Wmc si uniscono alla solidarietà manifestata la scorsa settimana dalla Chiesa evangelica luterana in America (Elca), secondo cui tutta la controversia scatenata in Malaysia “non riguarda solo la fede, ma comprende pure la storia e la lingua“. I vertici di Elca condannano inoltre il raid del mese scorso, durante il quale le autorità malaysiane hanno sequestrato 300 copie della Bibbia.
Anche le Nazioni Unite, attraverso Rappresentante speciale per la libertà di credo e di culto, intervengono nella vicenda e lanciano un appello a Kuala Lumpur perché ribalti la sentenza della Corte che vieta al settimanale cattolico l’uso della parola.
Di recente la comunità cattolica malaysiana è stata oggetto di una serie di attacchi, fra cui la profanazione di alcune lapidi e tombe in un cimitero e il lancio di bombe Molotov contro una chiesa.
Alla base dei contrasti la controversia relativa all’uso della parola “Allah” per i non musulmani, divampata in seguito allo scontro – giunto alle aule di tribunale – fra p. Andrew Lawrence, direttore del settimanale cattolico Herald Malaysia, e il governo. Nell’ottobre scorso una sentenza della Corte di appello ha negato il diritto di usare la parola “Allah” per definire il Dio cristiano; il sacerdote ha fatto richiesta di appello, la prima udienza in tribunale è fissata per il 5 marzo prossimo.
Da un lato l’obiettivo è difendere i diritti della minoranza nelle aule di tribunale, dall’altro si cerca di lavorare per ritrovare l’armonia e favorire la convivenza pacifica fra le diverse anime del Paese.
In una nazione di oltre 28 milioni di abitanti in larga maggioranza musulmani (60%), i cristiani sono la terza confessione religiosa (dietro ai buddisti) con un numero di fedeli superiore ai 2,6 milioni; la pubblicazione di un dizionario latino-malese vecchio di 400 anni dimostra come, sin dall’inizio, il termine “Allah” era usato per definire Dio nella Bibbia in lingua locale.