Privacy Policy
PAKISTAN_(f)_0724_-_Minacce_infermiera_cattolica
Pakistan: infermiera cattolica vive nel terrore perché non vuole sposare un musulmano
Un ennesimo caso di violenza scuote la piccola comunità cattolica del Pakistan: un influente uomo d’affari musulmano del distretto di Sanghar ha più volte minacciato un’infermiera cattolica che non voleva sposarlo, arrivando a denunciarla alla polizia per bigamia dopo che questa si era fidanzata con un altro uomo.

 

Nonostante le minacce, per ora la situazione sembra sotto controllo: la polizia, che ha sostenuto il musulmano, è stata infatti costretta a garantire protezione alla donna cattolica grazie alle pressioni di gruppi cristiani e islamici moderati.

 

Tutto inizia quando Ghulam Muhammad decide di voler sposare Nazia Masih, residente nel villaggio Padri Jo Goth del distretto di Sanghar. La donna è un’infermiera cattolica che lavora presso l’ospedale Cheniot. Muhammad l’avvicina, le propone il matrimonio e le chiede di convertirsi all’islam. Dopo il rifiuto della ragazza (v. foto), arrivano le minacce: se non acconsente sarà rapita e sfigurata con l’acido.

 

Muhammad è purtroppo noto nel distretto perché avrebbe già rapito, violentato e convertito con la violenza all’islam alcune ragazze di religione indù della zona. Quelle che lo hanno denunciato per stupro non sono riuscite a ottenere giustizia.

 

Mentre torna a casa, lo scorso 10 maggio, Nazia viene avvicinata da quattro uomini armati che le danno l’ultimo avvertimento: accettare il matrimonio o “correre i rischi collegati al rifiuto”. Dopo di che la spingono per terra e se ne vanno via. L’infermiera, spaventata, chiede aiuto sul posto di lavoro ma le autorità dell’ospedale le rifiutano ogni sostegno.

 

I genitori della ragazza decidono allora di affrettare il suo fidanzamento con Ejaz Joseph, cristiano della zona, che il 26 maggio arriva a casa dei futuri suoceri per la festa durante la quale sarà annunciato il matrimonio. Nel bel mezzo dei festeggiamenti arriva Ghulam Muhammad accompagnato da diversi agenti di polizia che, senza alcuna prova di alcun reato, cercano di arrestare i due fidanzati.

 

Per fortuna intervengono gli anziani del villaggio, che però non riescono a impedire che il padre e il fratello di Nazia vengano portati via: i due saranno rilasciati qualche ora dopo. Il persecutore decide di cambiare strategia e minaccia Joseph di “violente conseguenze” se non lascerà l’infermiera.

 

La famiglia della ragazza decide di chiedere di nuovo l’aiuto delle autorità e sporge denuncia presso la stazione di polizia di Sanghar. Qui, però, tutta l’influenza di Muhammad impedisce ogni indagine sull’accaduto. Anzi, gli agenti comunicano a Nazia che il suo molestatore la definisce sua moglie e che quindi un giudice dovrà stabilire la verità. Le proteste della comunità cristiana e di quella islamica moderata convincono il giudice a non intervenire sulla vicenda del falso matrimonio.

 

Ghulam Muhammad non cede e minaccia con le armi non solo i parenti dell’infermiera ma anche suor Maria Khurshid, direttrice dell’ospedale di Santa Teresa a Mirpurkhas molto vicina a Nazia. La religiosa informa le autorità e chiede protezione, anche qui senza ottenere neanche un avvertimento nei confronti del musulmano. La situazione è per ora in stallo, anche se lo scorso 20 luglio Muhammad ha presentato un’altra denuncia per chiedere alla polizia di costringere Nazia a sposarlo.

 

Nazia Masih dice ad AsiaNews: “Mi sento insicura, sto affrontando molti problemi e molte minacce, e sono arrabbiata perché la mia famiglia è in pericolo per il comportamento di quella persona. Noi siamo cristiani e siamo poveri, ecco perché queste cose accadono sempre a noi. In Pakistan il nostro onore e le nostre proprietà non sono al sicuro”.

 

Il p. James John, della diocesi di Karachi, conclude: “La ritengo una vergogna, incidenti simili devono essere condannati con forza da tutta la società. Non solo i cristiani, tutte le minoranze sono nel mirino: non si contano le ragazze indù rapite ogni mese nelle zone interne della provincia del Sindh, eppure le autorità tacciono senza fare nulla per proteggerle. Ora vogliamo sicurezza per Nazia Masih e per la sua famiglia“.

 

di Jibran Kahn – Karachi (AsiaNews)
Raccogliamo più firme possibili!
I dati del Rapporto di ACS, tra gennaio 2021 e dicembre 2022, parlano chiaro. Nel mondo, in un 1 Paese su 3, il diritto alla libertà religiosa non è pienamente rispettato. Vale a dire in 61 nazioni su 196. In totale, quasi 4,9 miliardi di persone, pari al 62% della popolazione mondiale, vivono in nazioni in cui la libertà religiosa è fortemente limitata.

Firma subito la petizione alla presidente Meloni per dimostrarle che siamo in tanti ad avere a cuore il bene di tanti nostri fratelli e sorelle!
Aderisci anche tu