Vorrei oggi aggiornarti, in quanto amico e collaboratore di questo Osservatorio sulla Cristianofobia, sulla crescente ondata di persecuzione subita dai cristiani in India.
E questo sotto l’indifferenza quasi generale dei responsabili politici dell’Occidente. Basta dire che fino adesso, e sono passati più di dieci mesi, la Commissione Europea non ha ancora nominato il nuovo Inviato Speciale Europeo per la Libertà Religiosa.
Dall’Italia, comunque, ci viene un segnale positivo: dopo una lunga attesa, è stato nominato dal Presidente del Consiglio “L’Inviato speciale dell’Italia per la libertà religiosa”, nella persona del consigliere diplomatico Andrea Benzo.
Su questa nomina commenta Alessandro Monteduro, direttore dell’agenzia pontificia Ausilio alla Chiesa che Soffre: “Tale nomina è rilevante perché oggi il 67% circa della popolazione mondiale, pari a circa 5,2 miliardi di persone, vive in nazioni in cui si verificano gravi violazioni alla libertà (di praticare la Fede)”.
Fra questi paesi si trova l’India.
Secondo Open Doors, l’agenzia americana di aiuto ai cristiani perseguitati, “la persecuzione dei cristiani in India si sta intensificando mentre gli estremisti mirano a ripulire il paese dalla loro presenza e influenza”.
È in questo contesto di persecuzione che l’agenzia United Christian Forum (UCF), con sede nella capitale dell’India, ha chiesto ufficialmente al governo federale e alla magistratura del paese di intervenire immediatamente per contrastare la crescita dei casi di violenza, coercizione e arresti di cristiani.
Infatti, nel più recente Rapporto dell’UCF, appena pubblicato, quest’agenzia ha identificato soltanto nei primi mesi del 2022, 207 casi documentati di persecuzione religiosa. L’agenzia ne aveva già denunciati 505, in tutto il 2021.
“Questi numeri smentiscono quanto sostenuto dal governo indiano, secondo il quale non ci sono casi di persecuzioni in India, ma soltanto pochi incidenti da parte di elementi marginali”, ha affermato il presidente nazionale dell’UCF, Michael Williams, in un comunicato stampa del 13 giugno.
William ha anche denunciato la politica del “due pesi e due misure” da parte del governo indiano: da un lato i colpevoli della persecuzione godono di una totale impunità, mentre i cristiani riuniti in preghiera vengono arrestati e accusati del cosiddetto crimine di “proselitismo religioso”.
Sempre secondo Williams, in tutti i casi di persecuzione religiosa, “la polizia è sia uno spettatore muto, sia un partecipante attivo”.
L’UCF ha denunciato che solo nello scorso mese di maggio sono stati registrati 57 nuovi casi di persecuzione contro i cristiani. Questi numeri non sono esaustivi, in quanto un gran numero di incidenti non vengono registrati.
Oltre alle aggressioni fisiche, soprattutto contro le donne, si sono verificati casi di vandalismo, chiusura di chiese, interruzione delle funzioni domenicali. Oltre all’ostracismo sociale, soprattutto in piccole città e villaggi.
Ad esempio, il 2 maggio scorso, una donna cristiana di 65 anni e suo figlio sono stati minacciati di boicottaggio sociale se avessero continuato a professare la fede cristiana nel distretto di Bastar, nel Chhattisgarh.
Con ammirevole coraggio, madre e figlio si sono rifiutati di arrendersi. Conseguenza: sono stati aggrediti fisicamente. La donna ha riportato ferite multiple, inclusa una alla testa, e ha dovuto essere ricoverata in ospedale.
In un altro caso, una folla ha fatto irruzione in un incontro di preghiera, picchiando l’organizzatore. L’accusa è sempre la solita: “proselitismo” di persone. Questo è successo nel distretto di Jaunpur, nell’Uttar Pradesh, il 31 maggio.
La polizia, invece di agire contro gli aggressori, ha arrestato il cristiano organizzatore dell’evento: rimase dietro le sbarre fino a quando non fu rilasciato su cauzione il 3 giugno. UCAnews – Union of Catholic Asian News
Ti aggiorno adesso su quello che sta succedendo nella nostra Europa.
Forse una delle forme più odiose di persecuzione è quella chiamata “auto-censura”, quella forma di limitare l’espressione dei propri pensieri o comunque controllando il proprio linguaggio per paura di ritorsione o di rappresaglia.
“L’auto censura” diventa un fenomeno ancora più grave quando la vittima lo pratica senza nemmeno accorgersi.
E’ questa la conclusione del Rapporto “Perceptions on Self-Censorship”, appena pubblicato dell’Observatory on Intolerance and Discrimination Against Christians (OIDAC)e dell’International Institute for Religious Freedom (IIRF).
Secondo quanto denunciato da questo Rapporto, per un gran numero di cristiani in Europa è sempre più difficile esprimere liberamente la propria fede anche nei paesi storicamente cristiani.
Questa difficoltà porta un gran numero di cristiani a praticare “l’auto-censura” sulla loro fede, anche inconsapevolmente.
Gli autori del Rapporto spiegano come sono arrivati a questa conclusione: “Per acquisire dati significativi e specifici si è deciso di puntare su quattro paesi in due continenti dove l’intolleranza secolare produce le espressioni più estreme”.
In Europa sono stati intervistati cristiani in Francia e Germania. E in America Latina, Messico e Colombia.
Afferma il Rapporto che “alcuni cristiani temono di essere soggetti a procedimenti legali o di essere sanzionati penalmente con l’accusa di discriminazione. Altri invece temono di essere soggetti a procedimenti disciplinari sul proprio luogo di lavoro”.
Sempre secondo il Rapporto, “la maggioranza dei cristiani intervistati ha scelto di mantenere private le proprie espressioni di fede o le proprie opinioni su questioni relative alla vita, al matrimonio e alla famiglia dal punto di vista della dottrina cristiana perché temono sanzioni o procedimenti penali”.
Mentre alcuni fatti citati nel Rapporto possono sembrare banali, gli autori hanno osservato “che l’accumulo di incidenti apparentemente insignificanti crea un ambiente in cui i cristiani non si sentono a proprio agio per vivere liberamente la loro fede.
“In effetti, i cristiani occidentali subiscono pressioni nel loro ambiente culturale, legate a casi giudiziari ampiamente mediati”.
Fatto ancora più grave, il Rapporto ha osservato che “alcuni cristiani non sono nemmeno consapevoli di auto-censurarsi!”.
Dr. Janet-Epp Buckingham, direttrice dello Laurentian Leadership Centre di Ottawa, nel Canada, una degli esperti intervistati, spiega che spesso quando si pensa alla persecuzione religiosa, viene in mente persone incarcerate, incriminate, o addirittura condannate alla morte per la Fede.
Invece, nei paesi laici dell’Occidente, “abbiamo riscontrato il problema di sentirsi sotto pressione per la propria fede” e quindi avere questo atteggiamento: “Nel lavoro, non posso dire nulla riguardo la mia fede; altrimenti non ottengo una promozione”.
Il Prof. Madeleine Enzelberger, direttrice esecutiva di OIDAC Europa, ha dichiarato a Christian Today che il Rapporto solleva una domanda: “Come è possibile che in una società (cosiddetta) democratica e aperta, i cristiani siano spaventati di esprimere liberamente le loro opinioni?” Fox News
Finisco con una buona notizia per alleggerire la tua giornata. Ci viene dalla Scozia, dove un atto di persecuzione è stato finalmente sanzionato:
Un operaio cristiano, Jevgenijs Kovalkovs, ha ottenuto circa 25.000 Euro come risarcimento per un chiaro atto di discriminazione religiosa, è stato licenziato per essersi rifiutato di togliersi una collana con un crocifisso.
Kovalkovs sentiva che indossare la croce – un dono di sua madre – vicino al petto significava il suo “impegno per la sua fede”.
Ma il suo responsabile non la intendeva così e gli ha chiesto di togliere la collana con il crocifisso perché la riteneva un “pericolo” al negozio di polli dove lavorava. È stato licenziato sul posto. Kovalkovs non si è dato per vinto, citando in giudizio la società.
Il tribunale ha ritenuto che la politica dell’azienda fosse “indirettamente discriminatoria” e l’ha condannata a risarcire Kovalkovs con circa 25.000 euro.
Sostenendo le sue affermazioni, il giudice del lavoro Louise Cowen ha scritto: “Era chiaro che il ricorrente aveva perso il lavoro a causa della discriminazione nei suoi confronti”.