Sembra folle essere qui, nel 2019, a parlare di persecuzioni religiose, eppure i dati dell’ultimo report dell’associazione italiana ‘Porte Aperte’ ci mettono con le spalle al muro. Pubblicato nel gennaio di questo anno, deve già essere aggiornato della lunga lista di sangue innocente versato in Sri Lanka la domenica di Pasqua, dove oltre 300 fedeli sono morti, e delle bombe in Burkina Faso di due lunedì orsono. “Su 150 Paesi monitorati dalla nostra ricerca, riporta la Ong, 73 hanno mostrato un livello di persecuzione definibile alta, in aumento rispetto ai 58 dello scorso anno. Sono circa 245 milioni i cristiani colpiti da grave o violenta discriminazione e circa 11, approssimati per difetto, quelli che ogni giorno muoiono per motivi ad essa connessi”. Siano attentati o regolamenti privati, il numero delle morti di religiosi cristiani in un anno supera le 4000 unità. Ma non solo, anche il numero dei fedeli arrestati e detenuti senza processo è disumano e raggiunge quota 3150 all’anno.
I Paesi dove la persecuzione è all’ordine del giorno si trovano per lo più in Africa e Asia; a capo della lista troviamo la Corea del Nord, seguita da Afghanistan e Somalia. I responsabili degli attacchi sono spesso i devoti di Allah e i regimi politici non laici, a dimostrazione dell’esistenza di una guerra silente sulla pelle dei cristiani. Il parlamento europeo per la prima volta nel febbraio del 2018 ha parlato di genocidio, richiedendo che anche lo stesso Onu si muovesse nella medesima direzione. Ma se l’Organizzazione delle Nazioni Unite si è, in un certo senso, voltata dall’altra parte, lavandosene, per usare un paragone piuttosto pertinente, le mani, non sono mai mancati in questi mesi gli appelli di Papa Francesco.
Tra gli ultimi vale la pena ricordare questo, dove lo stesso Pontefice chiede che la situazione venga affrontata: “È di fronte al mondo intero, che troppe volte volge lo sguardo dall’altra parte, la drammatica situazione dei cristiani che vengono perseguitati e uccisi in numero sempre crescente”. E ad affrontarla alla fine qualcuno ci ha pensato. Forse non colui che ti aspetteresti, ma tant’è; Donald Trump ha promulgato un atto con il quale riconosce come genocidio gli attacchi subiti dalle minoranze cristiane e yazidi, mentre il suo braccio destro Pence ha annunciato che dal 2019 gli Stati Uniti avrebbero preso misure autonome in materia di aiuti, bypassando l’Onu. Ancora troppo poco, ma aiutarli è un dovere.