La Siria, da molti considerata la culla del cristianesimo, si ritiene sia l’unico luogo al mondo dove ancora si parla e si insegna l’aramaico, la lingua di Gesù Cristo. La piccola cittadina storica di Maaloula, situata circa 65 chilometri a nord-est della capitale siriana Damasco, e i due vicini villaggi di Jubb’adin e Bakhah, hanno goduto per secoli di questo singolare privilegio.
All’aramaico, la cui trasmissione si basa unicamente sulla comunicazione orale fra gli abitanti di questi tre piccoli centri abitati ai piedi dei monti Qalamoun (1500 metri sul livello del mare), il governo siriano ha dedicato speciali attenzioni e finanziamenti sin dal 2007. Il primo istituto ad insegnare a parlare e scrivere in neo-aramaico è stato aperto 12 anni fa e contava centinaia di studenti locali e nazionali, con lezioni ampiamente frequentate sia da cristiani che da musulmani.
Nel 2013, fanatici islamisti fra cui i terroristi dell’Isis e di Al Nusra hanno invaso l’area e l’hanno devastata, infliggendo a tutta Maaloula vasti danni. Il monastero e la chiesa, edifici sacri dal valore storico unico, sono stati brutalmente saccheggiati. I jihadisti hanno distrutto o rubato statue, monumenti e artefatti rari. In seguito, la città è stata liberata dall’esercito siriano e dai suoi alleati, al caro prezzo di violente battaglie contro gli invasori. Oggi, la maggior parte degli edifici colpiti è stata restaurata. Maaloula può ora vantare la seconda statua di Gesù Cristo più grande al mondo, a cavallo di una sommità scenografica nei pressi di quest’area storica costellata di grotte, Mecca del cristianesimo globale.
Analogamente alle sofferenze perpetrate dai gruppi terroristi islamici in Iraq negli ultimi anni, in Siria i cristiani, che rappresentano all’incirca il 12% di una popolazione di 23 milioni, prima del 1967 ne costituivano oltre il 30%, secondo alcune statistiche. I cristiani sono stati fra i principali bersagli del fanatismo islamico e delle milizie separatiste curde, appoggiate soprattutto dagli Stati Uniti, che nella regione mantenevano una forza militare di 2mila unità. Fra le aree maggiormente colpite si annoverano le città di Al Hasaké, nel nord del Paese, e Qamishli nel nord-est, da cui fuggì in massa la popolazione assira locale e dove i terroristi dell’Isis ridussero svariate chiese in macerie. Più di un milione di cristiani siriani ha abbandonato il Paese, man mano che i gruppi di estremisti, sostenuti da Arabia Saudita, Qatar, Turchia e persino da Israele, avanzavano devastando gli abitati cristiani nelle regioni nord e nordorientali, fino a quel momento caratterizzate da pace e prosperità. L’Isis e il resto della barbarie jihadista hanno ucciso, sequestrato, saccheggiato e stuprato ovunque siano arrivati e riusciti a prevalere; i territori cristiani non hanno fatto eccezione. Entrambi gli arcivescovi di Aleppo, Yazji e Bouloss, sono stati rapiti cinque anni fa da milizie islamiche pro-turche, nell’area di confine fra Aleppo e la Turchia, mentre facevano ritorno in città. Cosa ne sia stato di loro non è mai stato confermato, nonostante gli appelli e gli sforzi disperati per garantirne la liberazione incondizionata.
Centinaia di migliaia di persone sono state costrette a fuggire dalle proprie case e a ristabilirsi in località diverse, più sicure, all’interno della Siria, e un numero ancora maggiore di siriani cristiani si è diretto perlopiù verso l’Europa, i Pesi scandinavi, l’Australia e gli Stati Uniti.
I cristiani d’Oriente hanno sempre manifestato un forte sentimento nazionalista, un legame associativo incrollabile nei confronti delle loro radici orientali e del loro retaggio culturale. Secondo una percezione diffusa, sono loro i custodi della ricca storia e delle tradizioni locali, e persino dell’aramaico: tra i cristiani orientali, in patria e all’estero, si contano alcuni dei più importanti linguisti della regione, e dei più grandi poeti, scrittori, artisti e personalità politiche, specialmente in Siria, Libano e Iraq.
L’appello di papa Giovanni Paolo II, in occasione del suo storico viaggio in Siria nel 2001, che rammentava ai Cristiani il “magnifico contributo” del Paese alla storia del Cristianesimo, qui è ancora ricordato con orgoglio.“Ricordiamo, infatti, che è in Siria che la Chiesa di Cristo scoprì il suo autentico carattere cattolico e assunse la sua missione universale”, aggiunse Giovanni Paolo II a Damasco, il 6 maggio 2001.
“Alle porte di Damasco, quando incontrò il Cristo Risorto, San Paolo apprese questa verità e ne fece il contenuto della sua predicazione. La realtà meravigliosa della Croce di Cristo, su cui era stata edificata l’opera della Redenzione del mondo, si manifestò davanti a lui”, proclamò il Papa, che ha inoltre elogiato gli importanti contributi dei santi siriani nel corso della storia.
Insieme all’insanabilità della situazione politica, la brutalità della guerra in Siria ha assunto pericolose dimensioni di settarismo religioso, che hanno portato alla luce una struttura sociale squilibrata e hanno avvelenato, con un clima di diffidenza, ansia e incertezza che governa le vite di numerose minoranze, le comunità etniche, denominazioni religiose e segmentazioni settarie che caratterizzano la società siriana, storicamente coesa e armoniosa.
Otto anni di conflitto catastrofico hanno colpito duramente i cristiani in Siria e quasi certamente hanno riportato alla mente le tragedie umanitarie e i massacri di cui i cristiani d’Oriente sono stati vittime. Memorie di questo tipo possono averli indotti a temersi destinati all’annientamento, cosicché la migrazione ha rappresentato per loro l’unica possibilità di sopravvivenza.
I cristiani considerano la Siria la culla della loro fede, oltre che il sito di numerosi spazi di carattere sacrale, quali chiese, monasteri e santuari. Damasco ospita il Patriarcato ortodosso di Antiochia e dell’Oriente sia per la Chiesa ortodossa siriaca che per quella greco-ortodossa, ed è inoltre la sede del Patriarcato cattolico di Antiochia, Alessandria e Gerusalemme per la denominazione greco-melchita.
Mentre la guerra continua ad infuriare in Siria, la migrazione al contagocce dei singoli cristiani in fuga si è trasformata in un esodo di massa. Il numero di cristiani in Siria, dal 30% della popolazione nel 1967, è sceso a meno del 10%, secondo le statistiche recenti. I dati rilevati dalle Nazioni Unite per l’anno 2016 affermano che, dei 5.5 milioni di rifugiati Siriani, 825mila erano cristiani.
Le gravi condizioni dei cristiani in Siria perdurano, e la continua minaccia alla loro esistenza è di enorme importanza per il Paese rispetto alla sua identità storica, al suo retaggio culturale e alla compagine della sua società. La Chiesa, e in senso più ampio il mondo, hanno la responsabilità morale e umana di impedire che la culla del cristianesimo svanisca completamente.