Il vescovo di Bagdad, Sako in visita a Torino: “L’obiettivo dell’islam politico è svuotare la regione mesopotamica dalla presenza cristiana”. Lo scopo si sta raggiungendo visto che prima dell’attuale regime in Iraq vivevano 1.730.000 ed ora ne sono rimasti meno di 500.000. Gli attacchi contro i cristiani sono stati gravi ed estremamente dannosi. Ecco i risultati degli ultimi 15 anni di violenza: 61 chiese bombardate,1224 cristiani uccisi e 23mila case sequestrate.
E’ necessario attirare l’attenzione sulla situazione dei cristiani oggi? Sì, più che in altri momenti della storia perché oggi difendere un cristiano da accuse ingiuste o salvarlo da morte non va di moda. E così abbiamo assistito impassibili alle drammatiche sorti dei cristiani in Medio Oriente o in Pakistan, dove solo una campagna internazionale durata anni ha portato all’assoluzione di Asia Bibi da un’accusa infondata. Ma se lei ora è libera, nel solo Pakistan altri 400 cristiani sono in carcere a causa di leggi inique che inibiscono la libertà religiosa.
Il 12 novembre a Torino Sua Beatitudine il card. Raphael Sako, vescovo di Baghdad, intervenendo ad un convegno organizzato dal Centro Federico Peirone e da Aiuto alla Chiesa che Soffre, ha ricordato con vigore che “cancellare i cristiani dal Medio Oriente è come tagliare le radici dell’albero che è la Chiesa” perché il cristianesimo proprio in quell’area ha visto le sue origini e la sua prima espansione. “L’obiettivo dell’islam politico è svuotare la regione mesopotamica dalla presenza cristiana” e lo scopo si sta raggiungendo visto che prima dell’attuale regime in Iraq vivevano 1.730.000 ed ora ne sono rimasti meno di 500.000.
“La comunità cristiana è riunita in 14 chiese ufficialmente riconosciute dallo stato – continua il Card. Sako – tra cui i più numerosi sono caldei, seguiti dai siro-cattolici e dai siro-ortodossi, mentre altri gruppi, quali gli assiri, gli armeni, i melchiti e i protestanti hanno pochi fedeli”.
Ma quali le cause di questo calo? Diverse ma ugualmente gravi: dopo 13 anni di embargo economico a seguito della guerra contro l’Iraq, oggi si assiste ad un crescendo di “emarginazione della componente cristiana” anche con “leggi ingiuste come quella che obbliga i minori a diventare musulmani quando uno dei genitori diventa musulmano”. Non meno vessatoria è l’opera di “decine di milizie, gruppi armati e gruppi estremisti, autori di crimini (rapimenti, minacce e ricatti) e responsabili del sequestro dei beni immobiliari e dei fondi economici. Gli attacchi contro i cristiani sono stati gravi ed estremamente dannosi. Ecco i risultati degli ultimi 15 anni di violenza: 61 chiese bombardate – l’attacco più drammatico è stato contro la cattedrale siro-cattolica di Bagdad, dedicata a Nostra Signora del Perpetuo Soccorso. Il 31 ottobre 2010, mentre si celebrava la Santa Messa domenicale, i terroristi sono entrati nella cattedrale uccidendo due giovani sacerdoti e altre 58 persone. Il numero complessivo dei cristiani uccisi dal 2003 al 2018 è di 1224, tra cui alcuni membri del clero. Sono state sequestrate 23.000 case e proprietà immobiliari dei cristiani, ed oggi c’è una campagna per espellerli dal posto di lavoro.”
Tra i momenti più forti non si può dimenticare la tragica invasione di Mosul e dei villaggi della piana di Ninive tra giugno e agosto del 2014 quando 120.000 cristiani furono costretti a lasciare case, beni mobili ed immobili, nelle mani dei soldati dell’Isis pena la morte o la conversione all’islam.
Oggi che l’Isis non c’è più, circa 8.000 famiglie cristiane sono rientrate nella zona. In Medio Oriente i cristiani sono forti, hanno patito persecuzioni fin dalle origini ma sono rimasti saldi nella loro missione di evangelizzare il mondo. Oggi hanno “bisogno di garanzie per poter rimanere nelle loro terre, per dare un seguito alla loro storia millenaria, per convivere con i loro connazionali. Vorrebbero che lo Stato li facesse sentire cittadini a tutti gli effetti, con diritti e doveri, come gli altri, senza distinzioni e discriminazioni. Ma questo finora non è stato realizzato e questo fatto lascia aperte molte domande”.
I cristiani vorrebbero il rispetto per la loro presenza, la restituzione delle proprietà ai legittimi detentori, l’offerta di lavoro. Ma oltre a questo è necessario porre fine “all’indottrinamento che incita all’odio” anche con la riforma dei sistemi e dei libri scolastici in modo da rafforzare la convivenza pacifica fra tutte le componenti della società.
E conclude il presule “nelle interviste e negli incontri abbiamo sempre ribadito l’importanza di fondare uno Stato civile, uno Stato cioè che sia basato sul concetto di cittadinanza, e non sulla ripartizione settaria, e il concetto della maggioranza e della minoranza. Vogliamo che la nostra patria sia veramente unita e che abbia degli ottimi rapporti con i paesi vicini e con tutto il mondo. Ma, purtroppo, finora le cose sono rimaste come erano, senza un vero progresso”.
Sarebbe infatti molto utile per il martoriato Medio Oriente prende esempio da uno dei suoi Paesi, il Libano perché, come ha detto il Patriarca maronita Harim, “è il solo paese della regione in cui abbiamo libertà d’azione”.
Il Libano è forse la terra di più antica evangelizzazione visto che le Chiese di Beirut (la capitale del Libano contemporaneo) e di Tripoli (città nel nord del paese, oggi a maggioranza musulmana), sarebbero state fondate da San Pietro e nell’antico porto di Byblos (culla dell’alfabeto, secondo alcuni storici) il primo vescovo fu San Marco, discepolo di San Pietro. Favorito dalla conformazione geografica, abitato da popolazioni fiere e combattive, il Libano ha mantenuto nei secoli una parziale indipendenza dall’islam.
“Questo attaccamento alla libertà, in tutte le sue dimensioni, e il pluralismo libanese hanno avuto come effetto quello di creare un sistema politico, una struttura del tessuto sociale a carattere comunitarista. – sostiene il direttore di L’Orient le Jour, Michel Touma – È ciò che noi in Libano chiamiamo sistema confessionale” che risale a tempi antichi.
Proprio nei giorni scorsi il santo Padre Francesco, ricevendo membri della Fondazione maronita ed autorità del Libano ha rivolto loro il suo ringraziamento “per tutto quello che fa in Libano. Per due cose: mantenere l’equilibrio – questo equilibrio creativo, forte come i cedri – fra cristiani e musulmani, sunniti e sciiti; un equilibrio da patrioti, da fratelli. Ringrazio prima di tutto per questo” proprio perché, come già scriveva a metà del secolo scorso Michel China, “il confessionalismo è la garanzia di una rappresentazione politica e sociale equa per delle minoranze confessionali associate. Queste minoranze si presentano con l’etichetta confessionale perché il Libano è sempre stato il rifugio della libertà di coscienza. Perché voler modificare brutalmente ciò che i secoli hanno fatto? Quale spirito bizzarro pretenderà di collocare il primato del pregiudizio laico al di sopra di una posizione più generale e più umana dell’intelligenza? Malgrado molti errori e abusi, è il confessionalismo che ha insegnato al Libano la tolleranza”.
L’esempio del Libano e l’incessante lavoro di tante realtà come Aiuto alla Chiesa che Soffre possa garantire una maggiore sensibilità per il problema della libertà religiosa alle coscienze di un Occidente che troppo spesso ha venduto la propria anima ad un nichilismo devastante.