La Corte di appello di Hanoi ha confermato in secondo grado la condanna a 30 mesi di carcere per l’avvocato e attivista cattolico Le Quoc Quan; la sentenza è arrivata quest’oggi, al termine di un’udienza durata meno di mezza giornata. All’esterno del tribunale almeno un centinaio di sostenitori hanno invocato a gran voce la sua scarcerazione, con decine di poliziotti intenti a formare un cordone per isolare l’area. Egli è finito a processo con l’accusa di frode fiscale, un’incriminazione che associazioni pro diritti umani e governi internazionali hanno bollato come “politicamente motivata”. Il tribunale ha respinto l’appello dei suoi legali che, peraltro, nelle scorse settimane non hanno nemmeno potuto incontrare l’assistito in carcere a causa del rifiuto opposto dalle autorità.
Leggendo il verdetto, i giudici della Corte di Hanoi hanno stabilito che “non vi sono nuove prove” che dimostrano l’innocenza del 43enne avvocato cattolico, il quale dovrà scontare sino al termine i 30 mesi di condanna di primo grado, comminati nell’ottobre del 2013. Il presidente della sezione di Appello Nguyen Van Son ha dichiarato che “l’imputato non ha mostrato alcun rimorso e ha mostrato un atteggiamento sprezzante verso i giudici”. Insieme al carcere, la Corte ha decretato il pagamento di una multa pari a 57mila dollari.
Il circuito televisivo interno, che ha coperto le fasi del dibattimento, è stato interrotto subito dopo la lettura della sentenza. In precedenza, l’avvocato di Le Quoc Quan aveva ribadito la sua “totale innocenza”. E aveva aggiunto, rivolgendosi ai giudici, che “se volete processarlo per il suo attivismo, non avete bisogno di trascinarlo in tribunale per evasione fiscale”. L’imputato, pallido e provato dallo sciopero della fame giunto al 17mo giorno per protesta contro il regime carcerario cui è sottoposto, ha preso per un breve momento la parola affermando di essere “vittima di una congiura politica”.
Il fratello minore Le Quoc Quyet, all’esterno del tribunale assieme a circa 150 manifestanti, ha dichiarato all’Afp che la famiglia non ha ottenuto il permesso di assistere all’udienza in aula. Nel frattempo, dimostranti e attivisti invocavano a gran voce la liberazione dell’uomo, bloccando la circolazione nelle immediate vicinanze del tribunale. “Le Quoc Quan è innocente” gridavano, “Libertà per il patriota”. In molti indossavano una maglietta (nella foto) con la scritta “Libertà per l’avvocato Le Quoc Quan”. Da sottolineare il numero elevato (e inusuale) dei partecipanti alla protesta, visto che in Vietnam è raro assistere ad assembramenti di piazza e, nei pochi casi in cui avvengono, sono composti da poche decine di persone.
Fermato e rilasciato dopo brevi periodi in passato, il legale e blogger cattolico è stato arrestato da funzionari del governo vietnamita il 27 dicembre 2012, con accuse pretestuose e false di “frode fiscale”. Un atto condannato con forza da moltissime associazioni pro-diritti umani di tutto il mondo. La condanna a 30 mesi di prigione e al pagamento di una pesante multa (57mila dollari) è arrivata il 2 ottobre, al termine di un’udienza lampo durata due ore. A difesa del dissidente, che aveva digiunato e pregato a lungo in vista del processo di primo grado, sono scesi in campo Ong internazionali, attivisti cattolici e rappresentanti delle principali religioni in Vietnam.
La vicenda di Le Quoc Quan, come quella di Cu Huy Ha Vu e decine di altri blogger e attivisti in prigione, testimonia il pugno di ferro usato ormai da tempo dai vertici comunisti di Hanoi contro il dissenso interno. Nel mirino delle autorità anche leader religiosi, fra cui buddisti e cattolici, o intere comunità come successo lo scorso anno nella diocesi di Vinh, dove media e governo hanno promosso una campagna diffamatoria e attacchi mirati contro vescovo e fedeli. La repressione colpisce anche singoli individui, colpevoli di rivendicare il diritto alla libertà religiosa e al rispetto dei diritti civili dei cittadini.